Via Papacino, riappare una fortezza sotterranea
di Alberto Riccadonna
Storia e immagini dei cunicoli fatti scavare da Emanuele
Filiberto di Savoia nel XVI secolo. Gli scavi archeologici nel centro di
Torino sono finalmente completati, a quando l’apertura
del museo?
L’Associazione Amici del Museo Pietro Micca sta cercando
finanziamenti (200 mila euro) per aprire al pubblico la fortezza
sotterranea cinquecentesca del «Pastiss in corso Matteotti, quasi
all’angolo con corso Galileo Ferraris. Il complesso archeologico,
unico in Italia, di cui i torinesi forse neppure sospettano l’esistenza,
è stato messo in sicurezza lo scorso mese di ottobre,
dopo quarant’anni di scavi: mancano solo più la scala d’accesso per i
visitatori e l’ascensore per i disabili.
Stiamo parlando - potenzialmente – di una spettacolare attrazione
turistica per Torino: una seconda sezione, per certi aspetti più
interessante, del Museo dedicato all’assedio francese del
1706 (sede attuale in via Guicciardini 7/A davanti a Porta Susa).
Gli ambienti tornati alla luce sotto corso Matteotti, a cento metri
dal monumento di Vittorio Emanuele II, custodiscono un labirinto
contorto (pasticcio, «pastiss») di cunicoli e stanze da
combattimento che Emanuele Filiberto di Savoia fece scavare tra il
1572 e il 1574 per proteggere il fossato sud della Cittadella Militare.
Sono stati recuperati i locali di due antiche
cannoniere, risanati alcuni padiglioni che ospitavano i soldati,
ripristinati i camini di areazione, passaggi e scale di collegamento,
feritoie da sparo. Tutto sotto terra. Siamo fra via
Papacino, corso Galileo Ferraris, corso Vittorio Emanuele. Il
sistema di gallerie si estende per centinaia di metri, simile agli altri
tunnel del Museo Pietro Micca; esemplare unico è la
casamatta sotterranea del Pastiss, rimasta sepolta per secoli fra le
fondamenta dei palazzi di corso Matteotti.
Nella rete della Cittadella. Sino a tutto il XVIII secolo
l’esercito sabaudo ebbe il suo quartier generale nella Cittadella
Militare dell’attuale corso Siccardi. Era una piazza d’armi
imponente, cinta da mura, dotata di opere accessorie che si
estendevano fino a corso Inghilterra, via Juvarra, corso Vittorio
Emanuele, corso Re Umberto. La difesa della Cittadella si avvaleva di
numerosi tunnel in partenza sotto le mura, diretti verso le
campagne. Presso i principali bastioni partivano lunghe gallerie a 13-14
metri di profondità: ciascuna superava il grande fossato,
oltrepassava le opere avanzate, terminava in aperta campagna con un
grappolo di «fornelli da mina» pronti ad esplodere per colpire gli
eserciti assedianti. Si parlava di gallerie «capitali
basse», per distinguere le capitali «alte» che al di là del fossato
correvano 6 metri più su, collegate al tunnel inferiore per mezzo di una
scala. Dalle gallerie capitali si staccavano diversi
rami minori, ciascuno attrezzato per saltare in aria all’improvviso.
In tutto 14 chilometri di tunnel.
Il complesso di gallerie collegate all’attuale Museo Pietro Micca,
in via Guicciardini, individua due gallerie «capitali» della Cittadella:
quella che del bastione detto «del Soccorso» dirigeva
verso ovest (visitabile) e quella che dal bastione San Maurizio si
protendeva verso nord-est (chiusa al pubblico). Il complesso che sta
emergendo sotto corso Matteotti individua una terza
galleria capitale, che dal bastione San Lazzaro muoveva verso la
campagna in direzione sud.
Fortezza sotterranea. La casamatta del Pastiss integrava a
difendeva il sistema delle gallerie in direzione sud. Aveva 7 cannoniere
puntate verso il fossato di protezione della Cittadella:
teneva sotto tiro i soldati nemici che avessero tentato di spingersi
fino ai piedi del bastione, penetrando nel fosso. Le feritoie da sparo
del Pastiss si affacciavano nel fossato come ultimo
micidiale strumento di difesa.
A protezione dei cannoni sotterranei la casamatta era munita di
doppie mura con intercapedine («muri genimini»). Il contorno del
complesso sotterraneo appariva curviforme e anche il suo interno
aveva andamento «a biscia»: seguiva su due piani le curve della
fortezza, dotato di sistemi di chiusura capaci di paralizzare in
«compartimenti stagni» il nemico che fosse riuscito a penetrare.
Il Pastiss costò moltissimo denaro e non fu mai utilizzato in
combattimento. Si pensa (ma non ci sono informazioni precise) che
l’utilità del forte a un certo punto venne meno, stante la
trasformazione delle tecniche di guerra. Nei progetti di Emanuele
Filiberto, che considerava la Cittadella «la più preziosa gioia del mio
tesoro», ci sarebbe stata la costruzione di fortini
identici al Pastiss davanti agli altri bastioni della Cittadella ma
questo sogno del Duca fu abbandonato dai successori, che preferirono
potenziare altri elementi del complesso militare.
Nelle gallerie. Bisogna scendere nel tunnel con gli
archeologici per rendersi conto della portata dei ritrovamenti sotto
corso Matteotti. È affascinante (speriamo davvero che il complesso
possa essere presto aperto al pubblico) farsi guidare da chi conosce
le gallerie per averle studiate e cercate a lungo, svuotate dalla terra
metro dopo metro a partire dagli anni Settanta,
inizialmente sotto la guida del compianto generale Guido Amoretti.
Per molti anni gli scavatori volontari (qui tutto è opera di volontari,
che hanno rimosso tonnellate di terra con secchi e
carriole) sono stati coordinati da Piergiuseppe Menietti, studioso
di fortificazioni e titolare, manco a dirlo, di un negozio di articoli…
da cantina. Oggi il testimone è in mano al direttore del
Museo Pietro Micca gen. Sebastiano Ponso e al presidente
dell’Associazione Mario Reviglio; gli scavi sono coordinati
dall’archeologo Fabrizio Zannoni; le opere di risanamento e messa in
sicurezza
con fondi del Governo (133 mila euro) sono state curate nell’autunno
2014 dalla ditta Bellio su progetto dall’arch. Roberto Nivolo e Sonia
Bigando.
Per ora ci si cala nel complesso del Pastiss da un tombino di via
Papacino, scala a chiocciola. I padiglioni della fortezza e le gallerie
appaiono in ottimo stato, muri sani, terreno asciutto. I
cunicoli che dal Pastiss puntano verso corso Vittorio Emanuele hanno
volte a botte, tranne uno a sesto acuto; sono rivestiti di mattone,
qualcuno realizzato con materiale di riciclo (500 a.C.),
si notano grosse formelle di epoca romana. I lunghissimi tunnel
rettilinei sono finalmente dotati di illuminazione; si perdono in
lontananza, incrociano gallerie minori, si dividono in
diramazioni, incontrano di tanto in tanto le fondamenta in cemento
di grossi caseggiati costruiti a fine Ottocento, e che hanno danneggiato
irrimediabilmente una parte di questa città
sotterranea.
Dove la galleria capitale «bassa»
superava il grande fossato affiancandosi
alla capitale «alta» ci si imbatte in una importante «esclusiva» del
complesso di corso Matteotti: appare intatta, sana e percorribile la
scala di collegamento fra i due tunnel, identica a quella
che Pietro Micca fece esplodere nella zona di Porta Susa per fermare
i soldati francesi nel 1706. Se quella del martirio di Pietro Micca
porta i segni dell’esplosione, quella gemella di corso
Matteotti è un documento perfettamente conservato.
Cosa manca. È in fase di autorizzazione da parte del Comune
di Torino la realizzazione di una regolare scala d’accesso per i
visitatori, in via Papacino angolo corso Matteotti. Il progetto
è stato predisposto dagli architetti Nivolo e Bigando con la
collaborazione di Marta Pittatore: prevede un padiglione di vetro, la
scala e un ascensore per i disabili. Il percorso sotterraneo è
illuminato e quasi pronto, l’esperienza gestionale del Museo Pietro
Micca è riconosciuta e a disposizione della città; dopo 40 anni di scavi
mancherebbe davvero pochissimo per alzare il sipario
su questo tesoro sotterraneo. Essenzialmente, si cerca il denaro:
200 mila euro.
Non è detto, purtroppo, che il taglio del nastro sia dietro
l’angolo. Il lavoro degli archeologi volontari nella città sotterranea
si è svolto fino ad oggi con passione, molta fatica e
perseveranza, scarso riscontro di finanziamenti pubblici e privati.
Questa volta arriveranno? C’è da sperarlo. Anche perché nei pressi del
Pastiss sorge un ulteriore tesoro sotterraneo della
vecchia Cittadella ed è già stato parzialmente recuperato, pronto a
integrare il percorso di visita: l’antico pozzo a doppia elica per
l’abbeveraggio dei cavalli, simile al pozzo di San Patrizio,
attende i turisti nel giardino della scuola Ricardi di Netro, via
Valfrè, dietro alla Caserma Pietro Micca.
Nel seguente video troverete la storia e le immagini del Pastiss, i cunicoli fatti scavare da Emanuele Filiberto di Savoia nel XVI secolo.
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